La traumatologia dello sport è una branca superspecialistica della traumatologia, che studia le lesioni dell’apparato locomotore che si verificano con maggiore frequenza durante la pratica sportiva. E’ da precisare, tuttavia, che gran parte delle condizioni che rientrano in questo ambito possono verificarsi anche nello svolgimento di attività quotidiane non sportive (lavorative, ludiche o della vita di relazione. Queste metodiche, inizialmente destinate agli atleti, possono poi, almeno in parte, essere applicate alla popolazione non sportiva con comprensibili benefici sulla ripresa della funzionalità dell’organismo.
Nell’ambito della traumatologia dello sport si distinguono due tipi di lesioni: traumatiche acute e traumatiche croniche, queste ultime meglio identificate con il termine di lesioni da sovraccarico funzionale per distinguerle, dal punto di vista fisiopatologico, dagli esiti cronicizzati delle lesioni acute.
Le lesioni traumatiche acute sono quelle che si producono a causa di un evento traumatico unico, diretto od indiretto, ma sempre ben identificabile e di intensità tale da superare istantaneamente la resistenza del tessuto colpito.
Le lesioni da sovraccarico funzionale sono il risultato dell’azione, ripetuta nel tempo, di sollecitazioni sottomassimali. Queste devono la loro espressività lesiva proprio all’iperattività del gesto, tipico dei singoli sport, che finisce per “usurare” le diverse strutture dell’apparato locomotore fino a comprometterne l’integrità: Proprio per la stretta correlazione fra malattia e gesto sportivo, esse vengono talora identificate con termini quali “spalla del lanciatore”, “ginocchio del saltatore” o “gomito del tennista”.
Rientrano nelle lesioni acute le contusioni, le distorsioni, le lussazioni, le lesioni capsulo- legamentose, le lesioni dei muscoli scheletrici e gran parte delle fratture che si verificano durante l’attività sportiva.
Fanno parte della patologia da sovraccarico funzionale le tendinopatie e le fratture da stress.
LESIONI MUSCOLO SCHELETRICHE
LESIONI DA TRAUMA DIRETTO
Sono rappresentate dalle contusioni muscolari. Di solito, esse hanno una limitata rilevanza clinica, poiché guariscono in pochi giorni con il riassorbimento dell’ematoma e la conseguente scomparsa della sintomatologia dolorosa e della tumefazione. Il trattamento consiste in impacchi di ghiaccio, nel riposo del muscolo interessato ed eventualmente nell’applicazione di una fasciatura compressiva. In rari casi l’ematoma può andare incontro a metaplasia calcifica con formazione di una calcificazione visibile sia all’ecografia che nelle radiografie standard (miosite ossificante). Di solito, anche le miositi ossificanti divengono con il tempo asintomatiche, permettendo la ripresa dell’attività fisica, senza limitazioni funzionali.
LESIONI DA TRAUMA INDIRETTO
Molte delle lesioni muscolari da trauma indiretto (“stiramento”), pur essendo tra le più frequenti evenienze traumatologiche in ambito sportivo, sono ancora non del tutto conosciute nella loro intima essenza per la fondamentale benignità evolutiva e la mancanza di rilievi anatomopatologici attendibili,. Per questo motivo, esse vengono spesso indicate con termini inadeguati, quali stiramento, distrazione, contrattura, che sono entrati a far parte del “gergo da spogliatoio”, ma che hanno significati diagnostici, terapeutici e prognostici privi di supporto scientifico.
CLASSIFICAZIONE
Come per le lesioni legamentose, si distinguono tre gradi di lesioni muscolari da trauma indiretto.
Lesioni di grado I. Il danno muscolare è estremamente limitato, trattandosi di un allungamento eccessivo di una parte più o meno ampia dei fasci muscolari. Il danno è localizzato a livello delle miofibrille, senza rottura macroscopicamente o microscopicamente evidente.
Lesioni di grado II. Il danno è più esteso ed interessa un certo numero di fibre muscolari, che appaiono interrotte, pur senza coinvolgimento di una porzione rilevante e macroscopicamente identificabile del ventre muscolare.
Lesioni di grado III. Sono rotture di una porzione, per lo più ampia, del ventre muscolare con conseguente soluzione di continuo del muscolo.
DIAGNOSI
Spesso è difficile individuare con precisione la sede e l’entità di un danno modesto nel contesto di masse muscolari frequentemente ipertrofiche. Di notevole aiuto, dal punto di vista anamnestico, sono la modalità di insorgenza e le caratteristiche del dolore, che nelle lesioni lievi compare subito dopo lo sforzo o anche a distanza di qualche ora e non impedisce i normali movimenti od il carico, mentre nelle lesioni più gravi compare al momento dello sforzo, con le caratteristiche di strappo del muscolo, e impedisce immediatamente la prosecuzione dell’attività fisica.
I segni clinici, seppure di entità variabile a seconda della gravità della lesione, sono rappresentati da dolorabilità alla pressione locale, alla contrazione contro resistenza, e allo stiramento passivo del muscolo interessato. Solo nei casi più gravi può comparire un’ecchimosi, a seguito di uno stravaso ematico, Nelle rotture muscolari, oltre all’eventuale ecchimosi, si può spesso palpare un avvallamento in corrispondenza della perdita di continuità del muscolo. Questo segno del colpo d’ascia, peraltro, è più evidente in fase di esito cicatriziale che in fase acuta ().
Sebbene l’esperienza dell’esaminatore possa spesso consentire la diagnosi su base clinica, le indagini strumentali sono utili, o indispensabili, per determinare la sede e l’entità del danno muscolare. L’ecografia, soprattutto se eseguita con sonde ad elevata definizione anatomica, rappresenta l’indagine di scelta, anche per la sua economicità. Nelle lesioni meno gravi, essa consente la diagnosi attraverso segni indiretti, quali l’edema e lo stravaso ematico, più che evidenziando l’interruzione anatomica delle fibre muscolari. Di più difficile identificazione è il muscolo interessato, nel contesto di un gruppo di muscoli contigui e sinergici. Questa informazione è fornita in misura più esaustiva dalla RM. Peraltro, l’ecografia, talora più utile dopo 24-48 ore dal trauma che in fase immediata, viene utilizzata anche per il monitoraggio del processo di guarigione, fino alla cicatrizzazione finale, della lesione muscolare.
TRATTAMENTO
Il trattamento delle lesioni muscolari di grado I e II consiste nel riposo mio-articolare, nell’applicazione di impacchi di ghiaccio per le prime 24 ore e, se necessario, nell’applicazione di fasciature compressive per tempi variabili da alcuni giorni a 2 settimane.
Nelle rotture muscolari può essere necessaria l’immobilizzazione con apparecchi gessati o tutori ortopedici per 2-6 settimane a seconda della gravità del quadro anatomo-clinico. Successivamente, ha un ruolo importante la riabilitazione, soprattutto attraverso esercizi di stretching volti a rendere più elastica, e quindi meno vulnerabile, la cicatrice fibrosa. L’evoluzione, anche di queste lesioni, è generalmente favorevole e tale da consentire la ripresa dell’attività precedente al trauma. Molto raramente vi è indicazione a suturare i due capi muscolari, sia in fase recente che tardiva.
COMPLICAZIONI
Accanto a patologie vascolari (tromboflebiti), le complicazioni che possono modificare l’evoluzione, generalmente favorevole, del processo riparativo delle lesioni da trauma indiretto, sono la formazione di un ematoma particolarmente voluminoso, di una cisti intramuscolare a contenuto siero-ematico, la miosite ossificante e la recidiva, che è la più frequente complicazione nelle lesioni di grado I e II. Alcune di queste complicazioni possono richiedere un trattamento chirurgico.
LESIONI / PATOLOGIE SPECIFICHE DEI VARI DISTRETTI ANATOMICI
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